domenica 16 luglio 2017

Po(i)etica: "Solo nera"

Inauguriamo oggi la buona abitudine di dedicare uno spazio periodico anche alla poesia. Poiché la poesia è «il salvagente / a cui mi aggrappo / quando tutto sembra svanire» (Khalil Gibran).

Solo nera
di Silvia Garbarini

Sono nera
avevo paura
sono scappata
ho chiesto un lavoro
ma

sono nera
avevo paura
ho chiesto scusa
e per favore
ma

sono nera
avevo paura
ho chiesto aiuto
una dimora per i miei bambini
ma

sono nera
avevo paura
ho continuato ad averne
finché
mi hanno venduta
come merce
e ho capito
che

sono nera.

(Qui le notizie sull'autrice, di cui abbiamo già pubblicato il racconto per bambini La luna nera.)

lunedì 3 luglio 2017

La luna nera - Un racconto di Silvia Garbarini

Molto tempo fa, prima dell'avvento di Internet, social network, tablet e smartphone, le fiabe erano uno strumento insostituibile, a disposizione dei più piccoli, per imparare a gestire le difficoltà della vita, i fallimenti e le frustrazioni, i pericoli e le minacce. Raccontate prima di andare a dormire (quando, cioè, la nostra anima e la nostra mente sono maggiormente disposte a percepire, introiettare e rielaborare), permettevano ai bambini di sviluppare doti preziose, come l'intelligenza, l'autostima e l'importanza dell'autoaffermazione.
Oggi, purtroppo, la tecnologia ci ha confusi. E' molto più facile far addormentare i propri figli davanti al televisore oppure intontirli dando loro in mano un tablet mentre siamo in pizzeria, tanto per farli stare buoni, invece di tentare di educarli alle emozioni. Il risultato di simili metodi "educativi" (e lo si vede bene durante l'adolescenza!) è la difficoltà sempre maggiore, da parte dei giovani, a relazionarsi attraverso il dialogo e a gestire consapevolmente l'emotività. «Oggi è difficile parlare» scrivono a volte nei temi. «Preferiamo messaggiare, ma poi ciò che temiamo è il contatto con le persone.»

Per questo ci è sembrato giusto e importante pubblicare su questo blog una fiaba scritta da una giovanissima scrittrice valsesiana, Silvia Garbarini - che così si presenta ai suoi lettori:

«Mi chiamo Silvia Garbarini e sono una ragazza che ha appena finito di sostenere l’esame di maturità al liceo delle Scienze umane Gaudenzio Ferrari a Borgosesia. La scrittura e la lettura sono sempre state le mie più grandi passioni che coltivo fin da quando ero piccola. A queste se ne aggiunge una terza, la danza. Nel tempo libero scrivo un po’ di tutto, spaziando dal drammatico ai racconti per bambini, ma adoro soprattutto comporre poesie.
Scrivere per me è come “vivere un po’ di più”, è rendere ogni giorno un po’ più mio.»

In questi tempi - in cui ci riversiamo addosso gli uni gli altri una valanga di parole senza più saper comunicare veramente - ben vengano nuovi talenti, desiderosi di riscoprire il valore po(i)etico e un po' magico della parola scritta.

La luna nera

C’era una volta un uomo molto molto alto che era sempre vestito di nero. Portava un cilindro sulla testa e le sue guance erano rosse come pomodori. L’uomo, il cui nome era Thor, abitava in una vecchia casa sulla collina, in un piccolo villaggio chiamato Picchiodoro. In questo paese regnavano la pace e la serenità poiché tutti gli abitanti erano molto contenti del loro re. Quest’ultimo era un uomo minuto dall’aria gentile sul cui viso non mancava mai il sorriso. Il re vestiva sempre di giallo e cucinava spesso biscotti a forma di sole, dal sapor di cannella, da offrire a tutti i bambini di Picchiodoro. Egli organizzava molte festicciole all’interno del suo regno, cosicché anche i cittadini più poveri potessero ridere e ballare grazie alle gentilezze del re tanto amato.
Un giorno però, qualcosa all’interno del regno cambiò.
Di notte, mentre gli abitanti dormivano, un pianto risuonò nel vento; Thor, spaventato, si svegliò, si affacciò alla finestra preoccupato e alzando gli occhi al cielo si accorse che la Luna piangeva, triste come la pioggia che cade in autunno. “Perché piangi?” chiese sottovoce Thor, attento a non spaventare la Luna. Ella rispose: “Sono brutta e pallida! Voi abitanti non mi osservate mai, mi ignorate! Vi preoccupate di ammirare solo mio fratello, il Sole, che con tutti quei raggi dorati non smette mai di ammaliarvi!” Thor allora rispose: “ Mi dispiace Luna! Ma cosa posso fare io, che sono solo un uomo?” E la luna: “Nascondimi con i tuoi vestiti neri, cosicché io possa sparire da qui una volta per tutte!” L’uomo si spogliò del suo mantello e avvolse con cura la luna, fino a soffocarne la luce che soleva emanare.
I giorni passarono e a poco a poco gli abitanti di Picchiodoro si accorsero che non riuscivano più a dormire; una notte tutti i cittadini corsero disperati dal Re in cerca di conforto ed egli parlò loro. “Cittadini di Picchiodoro, ascoltatemi tutti! La luna ci ha abbandonati, è per questo che non riuscite a prendere sonno. Thor mi ha raccontato che la luna è triste perché noi non la apprezziamo e non ci preoccupiamo mai per lei, per questo si è spenta! Stanotte andremo tutti sul ponte della Vecchia Quercia, la riaccenderemo e lei ci perdonerà. Le dimostreremo che le vogliamo bene!”
Illuminando il sentiero con candele e lucerne tutti gli abitanti si incamminarono fino a raggiungere il luogo indicato dal Re. Thor era già là. I cittadini non persero tempo, si sdraiarono supini sull’umido prato vicino al ponte e alzarono gli occhi verso le limpide stelle della notte. Rimasero così per ore, cercando nel cielo uno spicchio di luna; ed ecco che ella se ne accorse. La Luna, accarezzata e accolta da tutti quegli occhi, si sentì rinascere. Pian piano diventò più tiepida e la sua luce riprese a splendere come una lanterna accesa dagli occhi felici di tanti uomini.