giovedì 24 agosto 2017

Scusami, Hegel...


"Was vernünftig ist, das ist wirklich; und was wirklich ist, das ist vernünftig".

Così recita G.W.F. Hegel nella prefazione ai suoi “Lineamenti di filosofia del diritto”.
Hegel non è “un” filosofo: Hegel è un mostro sacro della storia della filosofia. Senza perderci nelle miriadi di descrizioni del pensiero e delle opere del tedesco, cerchiamo di concentrarci su un’interpretazione di questa frase, che tanto ha prodotto sviluppi successivi nella storia della cultura e dell’umanità.
La frase sopra citata è generalmente traducibile in questo modo: “Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale”. Senza dubbio, una bella trovata.
Hegel è il filosofo che estremizza l’idealismo e lo porta, a suo dire, alla sua compiutezza massima: l’incarnazione più completa, immanente, olistica della Ragione Cosmica, o Spirito Assoluto, forza generatrice e creatrice dell’universo. L’Idea pura si auto-espone nel mondo fisico, creandolo e facendone esperienza, per poi ritornare al mondo dei concetti, migliorata di questa esperienza cosmica.
Se non fosse Hegel a scriverlo, potremmo facilmente accreditare tutto questo a qualche esoterista di scuola steineriana o ancora meglio orientale. Invece è proprio il filosofo di Stoccarda, quello che ha trasformato l’intera storia della filosofia fra ‘700 e ‘800 assieme a Kant, per poi cedere il passo agli allievi Feuerbach e Marx.
Dobbiamo però sintetizzare, per non perderci nella incontenibile produzione di Hegel: concentriamoci su questa rivoluzionaria e lapidaria frase.

Se tutto ciò che è razionale è reale, dobbiamo intendere che la ragione è immersa in questo mondo che viviamo in ciascuno dei suoi aspetti. Ogni pensiero è manifesto nella realtà.
Se tutto ciò che è reale è razionale, dobbiamo intendere che la realtà in cui siamo immersi è dettata dalla ragione. Lo Spirito Assoluto, ossia la Razionalità dell’universo, determina la nostra realtà di ogni istante.
Le riflessioni sono a dir poco necessarie: qui non si tratta di beghe filosofiche o storico/politiche, qui si tratta di guardarsi allo specchio e chiedersi se questo mondo sia il migliore possibile che il Cosmo possa aver prodotto (un po’ come per Leibniz, ma non dobbiamo confonderci...), oppure se la Razionalità universale si stia ancora adoperando per svilupparsi nel mondo.
Se ognuno di noi osserva la sua vita, e dico OGNUNO DI NOI, ed affermasse che la ragione è tutto intorno a noi, ebbene sarebbe da studiare. Clinicamente, psicologicamente, socialmente, praticamente.
Hegel provò a fondare un suo sistema universale esistenziale ed esaustivo. Come? Travisando tutto ciò che potesse, tranne l’idea di dialettica. Solo questo ha davvero azzeccato bene. Il resto lo ha reso mostruoso, quasi cercasse di sopprimere ogni buon senso.
Egli partì dallo stravolgimento che Fichte operò sull’Io-Penso di Kant, trasformando questo “operatore mentale” in una coscienza universale che genera il sé e il mondo attorno al sé. Poi, concepì che il cosmo produce tutto ciò che esiste in tre fasi differenti: la tesi (momento astratto), la sua contrapposta antitesi (momento negativamente razionale) e la loro conseguente sintesi (momento positivamente razionale). Il passaggio da antitesi a sintesi è chiamato “aufhebung”, superamento: un delirio in cui il Cosmo “toglie e mantiene” al contempo elementi qualitativi dei due momenti contrapposti per giungere alla sintesi.
Secondo Hegel, tutto ciò che esiste, emozioni e pensieri compresi, funziona così. E la Razionalità universale ha percorso la storia dell’umanità in tante tappe (spiegate in alcuni dei suoi testi, su cui la famosissima “Fenomenologia dello Spirito”) fino ad arrivare al suo compimento perfetto, coglibile dalla sola Filosofia (sintesi di Arte e Religione) e manifesto nell’epoca della grande Prussia in cui viveva ed insegnava. Ecco servito un ciarpame di frustrazioni, venduto al pubblico da Hegel come “scienza compiuta”.
Dov’era la razionalità cosmica prima che esistessero l’uomo e l’umanità? È solo l’uomo che l’ha realizzata in questo mondo fisico? E come fa la Natura, che tanto amava Hegel, a non rappresentare l’Idea (o Logos) generatore del Cosmo stesso? Come può la Natura essere l’antitesi dell’Idea??? E la Prussia dell’Ottocento era davvero, agli occhi di un genio del pensiero, l’incarnazione sociale dello Spirito Assoluto che era giunto al compimento della sua Grande Opera?
Io penso che Hegel, dotato di un acume e d’una profondità uniche, abbia fatto nient’altro che ingannare se stesso tutta la vita. E mi dispiaccio: avesse avuto meno paura, avrebbe davvero cambiato (in meglio) la cultura occidentale. E invece si è sentito quasi ateo dopo essere stato religioso ed aver concepito lo Spirito Assoluto cosmico. Ha parlato di “incessante dialettica universale” e poi l’ha castrata al 1831, ha concepito lo “stato etico” per poi ammettere e giustificare la totale ingiustizia sociale di quei tempi.
Mi spiace davvero, ma ha detto bene Schopenhauer: “Calibano intellettuale, sicario della ragione”. Anche perché il caro Hegel ha irriso se stesso proprio sulla dialettica: essa è il movimento eterno dello Spirito Assoluto, della Ragione Universale. Dopodiché, arrivati alla Filosofia, sintetica fusione di religione ed arte (dal versante speculativo) e arrivati all’eticità, sintetica fusione di moralità e diritto (dal versante sociale), questo incessante movimento cosmico si arresta. E futuro non c’è. Perché? Perché Hegel si crede il portavoce ultimo dell’idealismo, la filosofia per eccellenza che ha superato (togliendo e mantenendo!!!) tutte le altre forme di sapere. Perché siamo nella grande Prussia del primo ventennio dell’Ottocento. Di meglio non potrà esserci. Eppure, caro Hegel...

Concludiamo con Marx, il suo più prolifico seguace e interprete. Si può essere marxisti o marxiani (e non è un gioco di parole...), si può capire Marx o soltanto “amarlo”, si può leggerlo senza inneggiarlo, si può inneggiarlo senza leggerlo, si può criticarlo senza conoscerlo e conoscerlo senza criticarlo. Si può essere comunisti senza essere marxisti o marxisti senza essere comunisti (anche se più difficile...); ma non si può togliergli il grande e immortale merito di aver detto a Hegel (parafrasi del tutto personale, ndr): «Somaro, hai fatto un gran casino. Bastava solo metà di quella frase, il resto l’hai usato per scopi puramente personali ed opportunistici».
Per Marx, ciò che è reale, la società in cui si vive, fatta di uomini, donne, bambini, animali, ambiente, case, alberi, giardini, fabbriche, panettieri, carbone, patate e sigari, NON È razionale, anzi è del tutto irrazionale, iniqua e ingiusta. Umanamente inaccettabile e del tutto discutibile. Se poi il filosofo di Treviri ci ha costruito una sua teoria politico/filosofica che ha sconvolto il corso dei tempi, questo è giudizio di ognuno di noi, ma sicuramente ha inciso più Marx di Hegel nella storia dell’umanità. Quindi a Hegel un regalino non l’ha portato nemmeno il suo Spirito Assoluto: questi l’ha portato al suo allievo Marx, meritevole di averle “suonate” al maestro. Marx ha quindi intrapreso la sua strada: amata, odiata, anelata, deturpata, travisata, schifata o altro. Ma comunque strada piena di idee che concretizzano eventi: ragione che si fa realtà.
Quando invece, povero Hegel, hai ecceduto con la birra ed è la realtà a fare la ragione, ahimè non hai proprio niente da dirci se non “negativamente” (il “negativo” filosofico) e ognuno di noi resta un universo di per sé. Hai realizzato l’unità di pensiero ed essere, poi l’hai congelata istantaneamente nelle tue autocelebrazioni. Hai svenduto il tuo acume intellettuale alla società del tuo tempo, volendo forzare l’esistenza dentro alla ragione: avresti certamente avuto più fortuna imparando da Parmenide, Spinoza e dal tuo ex amico Schelling.

Paolo Pulcina

2 commenti:

  1. Incredibile . Ma leggetelo H.cosi' non lo travisate. La frase famosa dice solo quello che Damasio Kandel Searle etc.sanno bene : la mia coscienza " crea" la realtà nel senso che la PERCEPISCE.

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  2. Ruggero Gunnella - Rieti E leggete anche Marx - non nei Bignami o sui varii Lamanna. M. NON VA MAI CONTRO H., è ben consapevole che H. opera a livello di massima astrazione, STRATEGICO, mentre Lui è TATTICO, PARTICOLARE,un DI CUI , ciò che H. chiamava "fare il cameriere". H è erede TOTALE di Kant - ma non lo dice, come Husserl di Heg - e INFATTI NON LO CITA MAI .

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